La crescente necessità di una profilazione utente sempre più dettagliata lascia spazio a una nuova disciplina: il neuromarketing.
Il neuromarketing fonde insieme la neurologia, il marketing tradizionale e la psicologia (scienze comportamentali), tentando di individuare, monitorare e sollecitare ciò che accade nel cervello delle persone durante l’esperienza di marca.
Questa disciplina, per misurare le risposte cognitive dei consumatori, si avvale di molti strumenti tecnologici come la risonanza magnetica, l’elettroencefalogramma e l’Eye tracking.
Quest’ultimo permette di effettuare la misurazione obiettiva degli aspetti che colpiscono maggiormente l’attenzione del consumatore, attraverso il monitoraggio oculare, l’analisi dei movimenti dello sguardo e dei punti di fissazione. Ciò permette di comprendere meglio quali elementi attraggono maggiormente in un testo, in una pubblicità o in un’immagine.
La rappresentazione grafica che ne deriva è la cosiddetta “Heat Map”, una mappa del calore in cui i colori come il blu o il verde, segnalano minor incidenza dello sguardo, mentre il rosso è indicatore di grande interesse visivo.
Anche Google, il più grande motore di ricerca al mondo, è stato sottoposto all’Eye tracking e dalla Heat map emerge chiaramente come (nel mondo occidentale):
- l’attenzione dell’utente ricade principalmente sulla prima pagina e sui primi risultati
- la pagina viene letta dall’alto verso il basso e da sinistra a destra
- l’attenzione maggiore è dedicata ai risultati di ricerca elencati nella colonna principale piuttosto che agli annunci a pagamento presenti sulla destra.
Di recente, anche al Web Marketing Festival è stato illustrato come queste tecniche siano applicate alle pubblicità, agli spot e ai siti che visitiamo quotidianamente.
Si tratta di strumenti e tecniche di Human Centered Design che ci aiutano nella comprensione dei bisogni, dei comportamenti, delle aspirazioni e degli interessi reali della persona, vista non solo come utente che ha un compito da svolgere. Come Antreem applichiamo questo approccio fin dall’inizio del progetto aggiungendo ai meri requisiti funzionali anche quelli emotivi e aspirazionali. In questo modo le esperienze digitali, i servizi, le interfacce che realizziamo aderiscono di più alla realtà anche emotiva delle persone e hanno maggiore probabilità di successo.
Partire dalle persone ci porta a una visione olistica che considera tutti gli stakeholder coinvolti in un progetto: utenti del servizio, consumatori o destinatari della comunicazione, attori del sistema che eroga il servizio da un lato, ma in prima istanza anche tutte le diverse figure dei team che progettano e sviluppano con noi la soluzione digitale in questione. Consideriamo le persone non come semplici “clienti”, ma nella loro realtà e contesto professionali e aziendali. Una sensibilità questa che in diverse occasioni ci ha permesso di portare a termine con successo progetti che sembravano a un vicolo cieco.